Immunodepressi vs Covid-19

Non sono passati molti giorni da quando in classe, cercavo di rassicurare i ragazzi intimoriti dal Covid-19, che in quel momento non si trattava ancora di un’emergenza… Io che da anni considero ogni singolo batterio o virus una potenziale minaccia per la mia vita, cercavo, per le mie conoscenze di biologa che ha lavorato per anni in virologia, di tranquillizzare i loro animi persi in mille congetture e paure. Ma il mio pensiero era sempre lì… se le cose degenerassero? Poi ho avuto l’influenza e i miei pensieri sono andati subito a lui… e se fosse? Per fortuna i sintomi non erano quelli e dopo sei iniezioni di antibiotici e cortisone, sono stata meglio, anche supportata da un po’ di ossigenoterapia notturna a causa della tosse, che come sempre accade, restringe i miei bronchi già piuttosto compromessi. Però mi sentivo lo stesso un paziente Covid+, perchè molte delle persone che mi sono vicine mi hanno fatto capire di pensarlo… e non è stato per niente bello. Poi, mentre ero ancora alla mutua, arriva la sospensione delle lezioni, dapprima per una settimana e poi fino al 4 aprile… la cosa a questo punto si fa seria… ogni giorno la conta dei contagiati e dei decessi ti tiene impietrito davanti alla tv e dentro di te speri di essere spettatore di uno di quei film che adoravo guardare sulle epidemie… invece è la realtà… Da un giorno ad un altro sei privato della libertà di uscire, di stare accanto ai tuoi genitori che vivono nel comune accanto, solo un membro della famiglia si può muovere per andare a fare la spesa o recarsi in farmacia… La paura diventa la mia prima compagna: Vale continua a lavorare… ma non ho paura per questo, ho paura per il comportamento degli altri… perchè tutti i giorni assistiamo a fughe dalle zone rosse, a comportamenti non consoni a trasmettere il virus… e se arrivasse da me? Noi immunodepressi, così come molte persone con altre patologie, viviamo con angoscia questa situazione perchè siamo più fragili, più vulnerabili… sappiamo che potremmo morire con la polmonite… la nostra unica arma è rispettare le regole che ci vengono imposte stando rigorosamente a casa. Noi trapiantati possiamo dire di essere tra i fortunati che soffrono meno la reclusione, perchè abbiamo vissuto l’isolamento totale della camera sterile in aggiunta ai sei mesi di reclusione domiciliare successiva, durante la quale ci era consentito uscire solo per andare a fare terapie e controlli indossando la mascherina, unico ausilio che ci permetteva di proteggerci dal mondo esterno. Siamo però anche quelli che, in questo momento, si ritrovano ad avere paura ad uscire perchè per le altre persone sembra difficile mantenere le distanze e rispettare le indicazioni (anche se forse qualcuno sta facendo progressi in questi senso)… Lunedì mi sono dovuta recare all’ospedale per fare la terapia mensile con le Immunoglobuline e non è stato affatto facile, nonostante le rassicurazioni del personale infermieristico e medico. Sono salita in auto dopo due settimane di reclusione e vedere le strade vuote e tutti i negozi chiusi, mi ha catapultato di colpo nella realtà. Parcheggiata l’auto ho indossato la mascherina che avevano dato a Vale in ditta, quella col filtro, ed è stato come fare un salto nel mio passato, un salto doloroso… e col groppo alla gola, ho fatto una registrazione prima di scendere, per aiutare le persone a capire. Mi sono poi diretta all’ingresso dell’ospedale dove mi hanno misurato la temperatura, chiesto se avessi altri sintomi e fatto igienizzare le mani con il gel alcolico prima di farmi entrare. L’atmosfera era surreale: i corridoi vuoti riecheggiavano solo dei miei passi, fuori dagli ambulatori le sedie erano delimitate da fettuccine per non far sedere i pazienti vicini, il silenzio era assordante… ho incontrato solo un operatore con mascherina e guanti e un signore anziano che probabilmente aspettava una visita… ci siamo scambiati uno sguardo da sopra le mascherine… Fatta la scala di accesso al day hospital, sono stata subito accolta dalle splendide infermiere del reparto, anche loro dotate di mascherine… Mi hanno fatta accomodare su una poltrona in una stanza stranamente deserta che di solito accoglie un via vai di persone per terapie e medicazioni di vario tipo. A parte l’interazione per l’inserimento della cannula e il cambio delle boccette, sono rimasta sempre sola con il mio ipad per guardare le serie televisive che mi permettono di far trascorrere il tempo… la tensione però era palpabile nei brevi tratti di discorsi che riuscivo a percepire. Finalmente alle 12.30 l’ultima boccetta è finita e sono tornata a prendere l’auto e togliermi quella mascherina che è stata la mia unica protezione. Sono passata dalla farmacia per ritirare i miei farmaci e sono tornata a casa… il posto in questo momento più sicuro per me, ovviamente lasciando fuori il giaccone, gli abiti e le scarpe usati per non far entrare niente. Dopo poco ricevo la telefonata dall’ospedale Cisanello per il rinvio del controllo nefrologico del 23… meno male, almeno non mi dovrò recare a Pisa visto che le analisi sono buone!

Come passo il mio tempo a casa al tempo del Covid-19? La cosa bella è che sembra sempre di non averne a sufficienza per tutte le cose che ci sono da fare e stranamente arrivo a fine giornata più stremata di quando la mia vita era scandita in modo normale. Ora noi docenti lavoriamo da casa, con la didattica a distanza che ci mette a dura prova… nessuno è mai stato preparato per una tale evenienza e per fortuna la mia scuola è dotata di tutti quei supporti che ci permettono di seguire i ragazzi anche da casa… linee permettendo… ma purtroppo ci dobbiamo anche confrontare con le diverse disponibilità delle famiglie e questo ci rattrista… io come docente di sostegno mi sento ancora più impotente perchè posso stare accanto ai miei ragazzi attraverso skype o videochiamate con whatsapp per mantenere quel contatto che per loro è fondamentale… e ti ritrovi a commuoverti rivedendoli attraverso lo schermo e cerchi di dare il meglio di te per aiutarli con tutto ciò che ti puoi inventare… ed è dura sia mentalmente che emotivamente… e ti accorgi di quanto ti manca la scuola, quanto ti manca il rapporto umano con i ragazzi e i colleghi… E poi c’è tutta la gestione della didattica a distanza dei figli che porta via un’altra bella fetta delle tue forze quotidiane e bisogna combattere anche con la tecnologia che a volte va e altre va ma a singhiozzo… E poi tutti i lavori domestici che prima potevi delegare e che ora incombono di nuovo… Insomma… le giornate di 24 ore si accorciano e il tempo passa… e speriamo che passando ci consenta di poter tornare alla nostra normalità il prima possibile e indenni… Buona vita a tutti!

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Ricovero in corsia 19/12/2007

Tornare all’ospedale dopo soli 10 giorni di rientro a casa è stata una violenza ma anche un sollievo… Il vomito e la febbre hanno reso gli ultimi giorni impossibili da affrontare da soli. E così mi sono ritrovata a varcare per l’ennesima volta le porte del reparto di ematologia dove so che sarò accudita dai miei angeli custodi. Sono stata messa in una stanza con quattro letti e quindi non sarò sola e ciò mi dà un po’ di conforto. Non è la camera che avevo la prima volta che sono finita qui per l’insufficienza epatica… speriamo di avere una compagnia buona come ad agosto! Mamma mia… anche qui lo stesso regime della camera sterile! Non ci posso credere: doccia tutte le mattine, cambio indumenti sterili tutti i giorni (e meno male avevamo tenuto tutte le buste ancora sigillate del ricovero per il trapianto), raccolta urine e dosaggio pH con la cartina tornasole… Qualcosa di diverso che non mi aspettavo sono gli orari di visita: un’ora a pranzo e un’ora a cena, come in un ospedale normale. Quindi conforto limitato dei genitori e dei mariti! E appena entrata iniziano tutte le procedure di routine: salasso per esami, pesata che sarà quotidiana e su bilancia, perchè i letti stavolta sono normali, ECG di ingresso che per fortuna è risultato nella norma e conoscenza con le nuove inquiline che non direi essere molto espansive al primo impatto. E ciò un po’ mi mette di malumore perché ho bisogno di interagire, di parlare per poter passare il tempo che si dilaterà enormemente.

Il resto della giornata è stata parecchio noioso e ho scoperto che G., la più anziana fra noi, ha il monopolio assoluto sulla scelta dei programmi alla tv… della serie: tutti quelli che parlano di gossip o di coppie, insomma, tutto ciò che io non seguo e non vorrò mai seguire… I pasti? Tristissimi e seppur poveri di sostanza non sono riuscita a trattenerli… e in questo ho trovato una compagna che per la forte nausea si rifiuta di ingerire qualsiasi cosa provenga dalle cucine dell’ospedale e dice che preferisce morire di fame piuttosto che provarci… morire di fame piuttosto che di leucemia potrebbe essere una buona alternativa! Si vede che ha appena iniziato il suo percorso di sofferenza! E a nulla sono valse le mie parole… per ora rimane attaccata alle sue convinzioni. Sono arrivati i risultati degli esami: i bianchi sono ancora pochini, le piastrine pure ma c’è una sorpresa… ho la creatinina quasi a 4… un’insufficienza renale che andrà risolta… E così è comparsa la sacca per l’idratazione e ogni giorno mi somministreranno alte dosi di lasix! E dovrò quindi fare su e giù per il bagno… E con la debolezza che ho addosso non sarà una passeggiata! E per oggi è tutto! Sono sfinita… si prevede una serata all’insegna della noia… meglio riposare!

Rivarchiamo questa soglia!

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L’armadio di una donna gommosa

Tempo di cambio di stagione… tempo per decidere se far volare via qualche abito dimenticato nell’armadio… tempo di lasciar andare via indumenti verso i quali nutri sempre la speranza di poter reindossare… I miei cambi di stagione sono sempre molto sofferti: apro armadi, cassetti e scatole non solo pieni di abiti ma anche pieni di ricordi, speranze, sorrisi e lacrime. Quest’anno mi sono imposta di lasciare definitivamente alle spalle capi che purtroppo sarò conscia di non poter più indossare a causa del mio essere “gommosa”, così come mi ha definita il mio piccolo ometto che ha scelto probabilmente di compararmi a una caramella piuttosto che dirmi che sono grossa o cicciona… Io in realtà mi vedo come una fisarmonica un po’ scassata che non riesce più a tornare al suo stato di riposo e resta bloccata a metà… una condizione che pensavo reversibile ma che invece persiste per vari motivi… Il primo ad essere stato assalito è stato l’armadio, abitato spesso da Filippo che lo utilizza come rifugio e che si è trasformato in una cuccia pelosa! Ho iniziato a tirar fuori i pantaloni dalla parte inferiore e ho scoperto di avere una vera e propria boutique in casa: 25 paia di pantaloni di tutte le taglie possibili, dalla 42 alla 52, tutti rigorosamente come nuovi… perchè alla fine poi usi sempre quei due o tre e tutti gli altri rimangono nel dimenticatoio. Ovviamente non ho dovuto provare i più piccoli, verso i quali la speranza di tornare a indossare, è ormai tramontata…

Ho preso un grosso sacco e zac… li ho gettati ma con la sofferenza di chi ormai non ripone più la speranza di potervi rientrare… Poi sono passata a quelli più grandi… Alcuni mi hanno sorpresa, altri mi hanno delusa… e qualcuno ha raggiunto i piccoli nel sacco… A baluardo in difesa della speranza però, ho tenuto l’unico paio di pantaloni dal quale non sono riuscita a separarmi: i pantaloni bianchi che con orgoglio ero riuscita a indossare dopo il trapianto, quando ero tornata me stessa, quindi magra… Non ce l’ho fatta a lasciarli andare perchè resto ancora ancorata a quel periodo in cui avevo ritrovato me stessa e nel quale gli occhi di Vale mi avevano riguardata come quando ci eravamo conosciuti. Con questo cambio di stagione una parte di me, dei miei ricordi e delle mie speranze se ne sono andati e non senza dolore. Ora ho ritrovato nuovo spazio da poter riempire con pantaloni nuovi e spero di poter abitare il mio armadio anche con una nuova speranza: recuperare un po’ di fiducia e lavorare per migliorare la mia condizione di donna gommosa.

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Essere mamma

Me ne sto qui seduta sul letto a guardarti mentre ancora dormi, aspettando il momento in cui i tuoi occhioni verdi si apriranno e incroceranno i miei, il tuo sorriso si delineerà sulle tue labbra, si spalancheranno le tue adorabili fossettine e le tue braccia si apriranno per accogliermi nel tuo abbraccio. Questo è essere mamma: vivere ogni singolo momento adorandoti e pensando che mi riempi ogni giorno il cuore e colmi quel vuoto che avevo dentro da quando ho scoperto di non poter avere figli. Sono seduta sul tuo letto perchè stanotte ho sognato di averti partorito, di averti preso in braccio in quella fase della vita che mi manca sempre terribilmente… ed era così reale: il pancione, le doglie e il parto… E’ vero, la mamma è colei che ti cresce, ma quanto mi mancano i tuoi primi cinque anni di vita, quanto mi manca l’allattamento al seno o col biberon, il cambio dei pannolini, le notti forse insonni, le coliche e il pianto del neonato, i tuoi primi gattonamenti, i tuoi primi passi, il tuo primo dentino, la tua prima parola, il sentirmi chiamare mamma per la prima volta, il tuo primo giorno d’asilo… potrei continuare all’infinito… Sarei forse stata una mamma normale, con le sue paure, le sue mancanze e le sue preoccupazioni, insomma una delle tante mamme imperfette che cercano di fare del loro meglio per non sbagliare troppo. Sono la tua mamma di cuore da due anni e quattro mesi e ringrazio tutti i giorni chi ha permesso tutto ciò… le difficoltà sono tante ma insieme noi tre siamo diventati quella famiglia che avrei sempre voluto e riusciremo ad affrontare tutte le sfide che la vita ci metterà di fronte! Ti amo cucciolo mio! La tua mamma.

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Un fantasma allo specchio

Quando torni a casa dopo trentacinque giorni di ospedale, trovi tutto cambiato, come se non fossi mai vissuta in un posto che non riconosci più come familiare. Sei così stranita e stanca che niente ti interessa tranne l’idea di essere tornata con Vale e con i genitori. I primi dieci giorni di casa non sono affatto un idillio… Senza forze devi riuscire a riappropriarti del tuo corpo che non risponde come dovrebbe e come vorresti. L’unica cosa che vuoi fare è stare stesa fra letto e divano e lasciar passare il tempo… ma non si può… la vita chiama e il suo richiamo è forte e assordante per non starlo a sentire! Alzarsi dal letto la mattina è faticoso e quindi devo aspettare che qualcuno mi aiuti: Vale, mamma, papà o Irene che a turno si avvicendano nella mia delicata gestione, sempre facendo attenzione a non essere raffreddati e disposti a lasciare le scarpe fuori per non portare possibili batteri in casa. Il papà è sempre stato allergico alle pattine all’ingresso ma, per amore mio, ha acconsentito anche a questo! Come caldamente suggerito dai medici alle dimissioni, il primo impegno gravoso appena alzata, è la doccia e il cambio quotidiano degli indumenti. Come far fare la doccia a una persona che non si regge in piedi? Semplice, prendere una sedia pieghevole, introdurla nella doccia e lavarsi da seduta anzi, farsi lavare da seduta! Dopo la doccia c’è il rituale dell’oliatura e alla fine ci si sente come una cotoletta pronta per essere impanata e fritta. Povera pelle e povera me: mi sembro un serpente che fa la muta, o un edificio che si crepa e perde l’intonaco a pezzi…

Poi alzi gli occhi e ti guardi allo specchio: quella non sono io, quella non sono io, quella lì è un fantasma… E’ uno scheletro ricoperto solo da un debole strato di pelle… dove è sparita la carne? Dove è sparita la Pamela cicciottella che tanto odiavo? Ora odio anche questa… L’unica cosa che è rimasta è la facies cushingoide, a luna piena… l’unico baluardo rimasto a ricordare il cortisone! Come farò a tornare a vivere in questo stato? Lo sguardo dolce di mia mamma e le sue parole mi hanno fatto rivedere la luce: “Amore, sei tornata la Pamy di quando facevi danza! Non sei così male!” e quelle parole mi hanno fatto tornare in mente che uno dei miei tanti desideri è sempre stato tornare ad essere la quattordicenne ballerina che avevo lasciato.

Dopo tutte queste manovre per iniziare la giornata e questo nuovo slancio di positività, uno penserebbe di essere pronto ad affrontare qualunque cosa e invece? Il niente. Ore passate sdraiata sul divano senza riuscire quasi a muovere più di dieci passi. E’ inverno e quindi le giornate sono fredde… Nemmeno il camino acceso riesce a scaldarmi nonostante indossi pigiama di pile, maglia di pile e vestaglia di pile! Forse il mio termostato biologico si è guastato? Forse assumere una ventina di pillole al giorno qualche effetto lo produrrà? E il cibo? Ora posso mangiare ciò che voglio!!! Devo mettere su un po’ di ciccia e forze per poter ricamminare… eppure… non riesco ad ingoiare niente… la nausea è più forte della mia voglia di mangiare! I medici contattati mi hanno detto che potrebbe essere GVHD allo stomaco, ovvero il mio nuovo midollo che cerca di distruggere il mio stomaco e allora giù di nuovo col cortisone nel tentativo di allontanare una biopsia che potrebbe essere pericolosa con le difese così basse. Cerco di mangiare ciò che più mi piace incitata ad ogni pasto da chi mi fa compagnia… e se riesco a mangiare qualcosa, subito dopo corro in bagno a vomitare… ci consoliamo pensando che almeno qualcosa possa rimanere… Quanto ho odiato quegli incoraggiamenti, quante lacrime ho versato mentre mangiavo… ma se non avessi avuto loro… E così, un po’ alla volta i giorni sono passati fino a che non sono dovuta rientrare in ospedale.

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Irene

Ieri sera mi sono ritrovata a singhiozzare davanti ai fornelli, un pianto nemmeno tanto sommesso e incontrollabile scaturito dal suo ricordo. Con la vista offuscata e il cuore in mille pezzi mi sono chiesta: “Perché ora?”… Non riuscendomi a calmare, ho lasciato le pentole sul fuoco al loro destino, per andarmi a nascondere in camera e sfogare quel dolore che fino a quel momento era rimasto segregato nel mio cuore: forse perché non ho ancora accettato la cosa, forse per cercare di essere forte per Vale e il bimbo… forse solo perché sto realizzando solo ora… forse perché non ero accanto a lei quando è successo… perché non le ho potuto dire ancora una volta quanto le volevo bene… Oggi è un mese esatto da quel giorno che pensavo non dovesse mai arrivare, che ero sicura non sarebbe arrivato tanto era forte… Ci siamo conosciute in un giorno di agosto di ormai 17 anni fa. Vale mi aveva invitata a casa vostra per conoscere il piccolo Luigi, un batuffolino di pochi mesi che a suo dire era spettacolare. Quel nostro primo incontro le é sempre rimasto impresso per la gonna con lo spacco vertiginoso che indossavo e che ancora tengo nell’armadio con la remota speranza di poter indossare. E con la gonna i miei stivali leopardati… l’avevo proprio colpita, tanto che, nel ricordare il nostro incontro, lei mi diceva sempre:”Come ha fatto il mi figliolo a trovare una come te?” e ci facevamo sempre una bella risata sopra. Da quelle prime visite saltuarie, ho iniziato a frequentare la vostra casa sempre più assiduamente e la ringrazierò sempre per avermi accolta come una figlia. Quanto affetto quando mi definiva “La mi bimba”…

Quante se ne sentono dire tra suocera e nuora ma il nostro rapporto si è sempre basato su un profondo rispetto reciproco. E’ vero, ci sono state delle tensioni dovute alla vicinanza, ma è anche vero che ho sempre potuto contare su una presenza forte e sempre disponibile. Anche nel dopo trapianto sapevo di poter contare su di lei. E poi sono iniziati i suoi problemi di salute… Una malattia bastarda della quale nessuno di noi sapeva nulla e che nemmeno i medici riuscivano a curare al meglio… Ho visto il suo volto trasfigurarsi un po’ alla volta diventando ogni giorno meno indipendente e ho assistito al lento declino di quella volontà ferrea che le ha sempre permesso di crescere i suoi figli da sola e che è sempre riuscita ad andare a testa alta nonostante tutto. Ho cercato di aiutarla come potevo, eppure non bastava… ricordo le infinite notti passate seduta accanto a lei sul letto in attesa che le sue gambe le dessero un minimo di tregua, le lunghe chiacchierate per cercare di farle pensare ad altro, i tentativi di ingannare il suo stato ansioso con il placebo… I suoi inutili tentativi di tornare a camminare e che affossavano ancora di più la sua volontà di farcela. Eppure in un modo o nell’altro, con tutta la fatica di questo mondo si riprendeva sempre… tranne dopo Natale. Ho sempre odiato i pessimisti e tutte le persone che facevano trasparire i brutti pensieri davanti a lei. Alla fine si è arresa ed io non ero con lei… Non ho potuto fare altro che accudirla anche dopo come potevo e mi sono impuntata per farle indossare le sue amate collane, la sua adorata spilla e soprattutto lo smalto rosso fuoco che adorava e che le ho messo tenendole le mani per l’ultima volta: piccoli gesti per dimostrarle ancora una volta quanto le volessi bene. Guardavo il suo volto ormai in pace e sereno sperando di veder comparire ancora una volta il suo sorriso ma ormai era lontana. Mi ero ripromessa di essere forte, ma alla fine sono crollata… Ora siamo tutti più soli senza lei e dovremo essere forti nonostante tutto… il tempo probabilmente sarà l’unica cosa che ci darà un po’ di consolazione. Le voglio un gran bene Irene e la prego: continui a proteggerci da lassù!

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La forza dei genitori e dei figli

Un’altra notte difficile passata con te nel tuo letto per sorreggerti durante gli attacchi di tosse che non ti fanno riposare, un’altra notte insonne piena di coraggio da instillare e di rassicurazioni durante il tuo pianto. Sono mamma da quasi due anni e solo ora inizio a capire tante cose dei genitori e dei miei. Quanto sono forti per affrontare il dolore dei propri figli? Chi dà loro la forza per stargli accanto quando li vedono soffrire? In questi due anni io e Vale ne abbiamo attraversate di difficoltà che ci hanno messo a dura prova, ma l’impotenza davanti alla malattia è la peggiore! Vedere i suoi occhi lucidi, la sua vivacità azzerata da un’infezione orale che gli porta febbre e una tosse sconquassante che lo fa vomitare… non puoi nulla, se non restargli accanto e cercare di rassicurarlo nonostante tu dentro sia distrutta dalla stanchezza per le notti insonni e dalla paura di non poter fare altro che dargli ciò che gli è stato prescritto. I genitori per me sono dei supereroi silenziosi che spesso si danno per scontato… se penso ai miei, non so proprio come abbiano potuto affrontare i miei 30 anni di malattia… io sono una mamma in fasce rispetto a loro ma, nonostante la mia forza, non mi sento forte come loro… Ogni tanto quando vedo le sue lacrime scendere, i miei occhi vorrebbero far traboccare le mie paure ma non posso, devo abbracciarlo, parlargli sottovoce e dirgli: “Amore sono qui con te, devi essere forte, ce la faremo a sconfiggere i bachini!”. E vedere come affronta questo momento mi rende orgogliosa di lui perché in quel suo corpo di bambino vive un piccolo leoncino che lotta e che ha pazienza e aspetta insieme a noi che l’antibiotico faccia il suo corso. Secondo me genitori forti si diventa un po’ alla volta e la forza deriva dall’Amore che sentiamo per quella creatura che accudiamo ogni giorno della vita che passiamo con loro. Non c’è nulla di più forte dell’Amore! E noi ti amiamo tantissimo cucciolo! E poi la mattina ti presenti con un piccolo fiore a forma di cuore… e il mio cuore esplode di gioia

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Saturazione vs Satura! ???❤️

Ore 2.30 della notte: sono sveglia dopo cinque ore di sonno… non ho avuto la minima percezione che mi sarei addormentata così presto rispetto ai miei standards. Purtroppo la carenza di ossigeno fa anche questo: necessità di mettere in quiescenza un corpo per diminuire il consumo del poco ossigeno che i miei globuli rossi non trovano! Eppure era sempre il solito e banale mal di gola, il solito e banale mal di gola che si trasforma in raffreddore, bronchite e broncostenosi… che parolone!!! Semplicemente non riesco a respirare normalmente! La prima sensazione che ti ritrovi a sentire è il famoso “peso al petto” seguito dal bisogno, a causa della tosse, di inspirare di più per poter respirare normale! Cerchi di inspirare ma qualcosa blocca l’ingresso dell’aria e allora provi di nuovo ma niente… inizi a utilizzare la respirazione diaframmatica ma tu hai bisogno di quell’aria che ti tiene in vita! Arriva l’ansia… goccioline per ridurre lo stato ansioso che peggiora il ritmo respiratorio. Eppure era un banale mal di gola… eppure un piccolissimo ma bastardo virus chissà perché riesce a mettere a ko una persona di 82 chili, non voluti, e a rendere la mia vita di tutti i giorni difficile! Ah già.. ma lui si replica velocemente e quindi in poche ore diventa titanico e come un cavallo di Troia fa uscire i suoi pargoletti a miliardi dalle tue cellule!!! Un esercito contro una… e contro una che tutte le volte che qualcuno si azzarda a dire:”Che vuoi che sia… è solo un raffreddore!” vorrebbe sperare di essere una persona normale che in una settimana  debella tutto e che ci spera, ma che intanto già avrà presente tutto l’iter di sofferenza e medicinali che dovrà assumere per continuare a respirare! Che banale respirare… eppure è l’unica cosa che davvero ci tiene in vita! Voi vi accorgete di respirare? Quanti respiri riuscite a fare in una giornata? Anche io non lo so ma mi accorgo di respirare ogni volta che salgo una scala (che ho detto? Qualche gradino…) ogni volta che mi affretto un pochino, ogni volta che parlo e mi devo interrompere per rifiatare!!! Meno male il mio dito non ha bisogno di respirare per scrivere! ??? Ora sono le 3.24 e mi tengono compagnia Sweet e Filippo che finalmente possono godere la possibilità di stare soli con me e da stanotte ho un nuovo amico o un amico ritrovato: messer l’ossigeno e il suo costante gorgogliare accanto a me per aiutarmi a far salire una saturazione a 90 che purtroppo avevo già avuto a aprile marzo e che non avrei mai pensato di dover affrontare all’inizio dell’autunno! Vale e il bimbo intanto dormono tranquilli… hanno la loro guardia del corpo che li veglia e li fa sentire sicuri! Eppure era solo un mal di gola! ❤️

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GRAZIE INFINITE! THANKS A LOT!

Scrivo questo articolo per ringraziare tutte le persone italiane e soprattutto straniere che seguono il mio blog e che lo inondano tutti i giorni con centinaia di email. All’inizio riuscivo a leggervi tutti e a rispondere a ognuno di voi ma ora, il poco tempo che ho a disposizione, mi impedisce di dare una risposta a tutti! Grazie per i complimenti, grazie per le critiche, grazie soprattutto quando scrivete che il mio blog dovrebbe essere di esempio in un momento in cui si parla solo di cose frivole, grazie quando mi dite che ciò che scrivo vi ha aiutato in momenti difficili, grazie quando utilizzate le informazioni o ciò che scrivo per i vostri lavori, GRAZIE perchè probabilmente l’obiettivo di questo blog è stato raggiunto: poter aiutare gli altri raccontando semplicemente di me stessa! Mi chiedete dove scrivermi privatamente: lo potete fare al mio indirizzo di posta elettronica pamyta@hotmail.it, su facebook alla pagina dedicata al blog Pamela Tarlà e su Messenger. Vi abbraccio tutti virtualmente con tutto l’affetto e la riconoscenza che vi devo! Vostra Pamela.

I write this article to thank all the Italian people and especially foreigners who follow my blog and who flood it every day with hundreds of emails. At the beginning I could read you all and to answer to each of you but now, the little time I have available, prevents me from giving an answer to everyone! Thanks for the compliments, thanks for the criticism, thanks especially when you write that my blog should be an example at a time when you only talk about frivolous things, thanks when you tell me that what I write has helped you in difficult times, thanks when you use the information or what I write for your work, THANKS because probably the goal of this blog has been achieved: to help others by telling about myself! You ask me where to write to me privately: you can do it to my e-mail address pamyta@hotmail.it, on facebook to the page dedicated to the blog Pamela Tarlà and Messenger. I embrace you all virtually with all the affection and gratitude I owe you! Your Pamela.

 

 

 

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Come ripartire?

10 mesi di continue infezioni e il fuoco di Sant’Antonio come ultima sfida degli ultimi 10 giorni, hanno minato profondamente il mio animo, tanto che mi farò aiutare da qualcuno per lenire questo senso di frustrazione e impotenza che non riesco a gestire. E stamattina ha fatto capolino un ricordo in un angolo remoto dei miei neuroni. Un aiuto ulteriore forse me lo potrà dare il libro che nel lontano 1990 mi regalò mio papà al ritorno da una delle tante fiere alle quali partecipava. Libro che ho sempre conservato come una delle cose più preziose che ho e che ho vissuto più volte nell’arco della mia vita di persona con problemi di salute (non malata!). E ora eccolo qui di nuovo aperto per cercare un aiuto, cercare di ripartire in qualche modo. Ecco alcune frasi dell’autore che mi hanno aiutato a lottare in tutti questi anni: “nell’amore di sè è l’essenza della guarigione”, “il mio consiglio è: vivi la tua vita, fà che la gioia ti guidi e sii ciò che vuoi essere e non permettere che l’età sia d’impaccio alla tua realizzazione umana”, “ricorda che l’amore guarisce”. L’autore  suddivide i pazienti in tre categorie e io mi sono sempre riconosciuta nella terza, in quella dei pazienti eccezionali che si assumono la responsabilità della loro vita. Essi non recitano, sono se stessi, non fanno le vittime, si informano per conto loro, rivolgono domande al dottore perché vogliono capire e pretendono rispetto della loro dignità. E aggiunge che per essere pazienti eccezionali ci vuole coraggio perché si sbarazzano delle statistiche affermando “io posso farcela”, persino quando il medico non è dello stesso parere. I pazienti eccezionali non si crogiolano nella disperazione aspettando aiuti esterni! Imparano a guarire da soli. Ovviamente, così come sta succedendo ora a me, esistono dei momenti in cui di eccezionale non c’è proprio niente, ma rileggere ciò fa far capolino un po’ più di coraggio… e probabilmente ancora una volta riuscirò a venirne fuori! Il Dr Bernie Siegel, l’autore, poi punta l’attenzione sull’importanza dell’Amore! E fortunatamente di Amore nella mia vita ne ho tanto e dovrò succhiare tutta la forza da esso per ripartire! Forza Pamy! Ce la possiamo fare io e te!! ❤️

 

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