La mia scuola di danza si trovava a Venezia e per arrivarci dovevo prendere il vaporetto da Murano Navagero (una delle fermate della mia isola), scendere a Venezia e camminare venti minuti a passo lesto per arrivare a destinazione. Si sa, a Venezia ci sono i ponti da attraversare e non ci sono altri mezzi se non i piedi! Arrivata al ponte di Rialto, iniziai a salire e nemmeno a metà mi dovetti fermare. Il mio fiato era corto, una bruttissima e conosciuta sensazione di fame d’aria mi invadeva fino alle viscere e iniziai ad avere paura. Avanzando a tratti sono riuscita a oltrepassare il ponte e mi sono diretta a scuola dove sicuramente avrei ricevuto un minimo di aiuto. Dopo aver indossato calze, body e scarpette con la punta e prima di iniziare lezione ho parlato con Iride e lei mi ha detto che si poteva trattare di asma. Qualche anno prima, all’età di nove anni, avevo avuto degli episodi allergici che avevo dimenticato e un professore di Padova riteneva che potessi essere un soggetto allergico ( probabilmente agli acari della polvere) e quindi sottoposto a possibili episodi asmatici. Per questa supposta allergia ci suggerì di fare uno dei primi vaccini sperimentali contro la polvere a Milano e fare la bonifica ambientale togliendo tende, tappeti, carta da parati, i miei peluche, trasformando la nostra casa in un luogo più asettico ma molto triste! Avevo terminato i vari richiami del vaccino a maggio e le cose andavano meglio fino a questo momento. Non volevo credere di poter avere qualche problema visto il mio fisico fortissimo e muscoloso nonostante i miei 51kg. In un modo o nell’altro sono riuscita a fare lezione e a tornare a casa. Per fortuna avevo una compagna speciale con cui condividere la danza e la strada del ritorno, mia zia Elisabetta (sorella più piccola di mia mamma) che ho sempre e solo chiamato Betty per la nostra età ravvicinata. Arrivata a casa ho spiegato tutto ai miei genitori che hanno deciso di portarmi dal dottore, anche amico di famiglia. Ha parlato anche lui di asma e mi ha prescritto il Ventolin al bisogno. I giorni seguenti sembrava essere tutto passato, andavo a scuola e avevo una vita normale. A metà ottobre del 1997 (ops, non ho ancora indicato nessuna data!) la febbre è tornata, non alta ma continua e fastidiosa. Ancora una volta dovevo assentarmi da scuola e danza. Passavano i giorni e questa febbre non se ne andava nemmeno assumendo il Bactrim. In quei giorni mio papà era a Milano per una fiera e mia mamma impaurita ha subito chiamato il dottore che ha semplicemente suggerito di portarmi da lui, non poteva muoversi dal suo studio perchè aveva gente… Mi ha auscultato è un po’ per scrupolo mi ha mandata a fare una radiografia urgente. Arrancando siamo riuscite ad arrivare all’ospedale e dalla lastra è risultata una macchia scura al polmone destro. Tornate a Murano, non riuscendo a tornare dal dottore per fargli vedere i risultati, ci siamo fermate dalla nonna Nella (nonna Nella, toscana di origine e nonno Toni, il bel marinaio che aveva sposato) e mia mamma ha chiamato l’ambulanza perché non respiravo quasi più. Ha chiamato il dottore per avvisarlo e lui disse:” Gabri, non pensavo che fosse così grave!”. L’ambulanza non arrivava e io stavo sempre peggio… Dopo mezz’ora ecco le sirene. A Venezia anche le ambulanze viaggiano in acqua e devono trovare un posto per attraccare. E dove hanno attraccato? Al largo di due barconi e nel trasportarmi a mano con la sedia fra un po’ mi perdono in acqua. Una volta a bordo mi hanno ficcato i tubicini nasali per l’ossigeno in attesa di arrivare al pronto soccorso. Il viaggio è sembrato infinito e ormai io mi allontanavo sempre più… Anche l’ossigeno non riusciva a lenire il soffocamento… Non ricordo bene cosa sia successo al pronto soccorso. Rivedo solo l’enorme ingresso dell’ospedale e i medici che si affrettavano… Il resto è buio!
Day: Febbraio 18, 2016
La fine di una vita e l’inizio di una nuova
La mia ultima estate da adolescente è trascorsa tranquillamente. Da luglio, come gli anni prima, la routine quotidiana era scandita dai soliti rituali per andare al Lido di Venezia, la spiaggia dei veneziani, dove avevamo la capanna in zona A per tutta la stagione. Per noi la capanna, un camerino più grande fornito di tavolo, quattro sedie, sdraio, mobile interno per le stoviglie e tettoia per i pranzi all’aperto, diventava la nostra seconda casa… La casa prevalentemente dei Vianello, fratelli di mia mamma, nonna e nipoti. E per tre mesi diventavamo un unico e vasto nucleo familiare che alla fine si allargava anche alle famiglie delle capanne accanto. Dopo aver sistemato le cose appena arrivati, la zia Nadia (la sorella più grande di mia mamma) chiamava all’adunata tutti e proponeva la passeggiata mattutina fino al faro, la punta più estrema del Lido. Avendo l’età del divertimento, in noi giovani scattava spesso il rifiuto a tale sfacchinata e spesso preferivamo rimanere in riva al mare, sul bagnasciuga pronti per il primo bagno della giornata!!! O per aspettare di costruire la nostra pista per le biglie. Verso mezzogiorno e mezzo ci raccoglievamo intorno al tavolino e spesso eravamo talmente tanti che le sedie fornite non bastavano… E mi ricordo di quanto fossero belle e animate le nostre conversazioni e di quanto amassi vedere sorridere la nonna Maria perché aveva con sè figli e nipoti. Dopo pranzo spesso giocavamo a carte o facevamo la pennichella. E io aspettavo con ansia il momento di dirigermi in pineta per vedere gli amici e quell’agosto soprattutto una persona… I nostri teli colorati ricoprivano una vasta zona e i nostri schiamazzi attiravano gli sguardi di chi passeggiava o irritavano chi voleva riposare all’ombra degli alberi. Spesso migravamo in altri bagni per alternare le zone e essere più vicini ad altri amici e i nostri pomeriggi trascorrevano fra chiacchiere, musica, scherzi vari e anche gavettoni. Le mie attenzioni però andavano a lui… Credo proprio di aver una cotta per Luca, da tutti soprannominato Demone per i suoi occhi di ghiaccio. È stata una cotta platonica che lui ricambiava ma, sapendo che a fine estate sarebbe tornato a casa in Toscana, non abbiamo avuto il coraggio di avventurarci in una storia a distanza! Chi l’avrebbe saputo che poi mi sarei dovuta trasferire proprio a pochi chilometri da lui? La nostra routine quotidiana ci rendeva sereni e spensierati. Non sapevo ancora che di lì a poco la mia vita sarebbe radicalmente cambiata. A metà agosto una brutta febbre improvvisa mi ha impedito di andare al mare interrompendo quell’estate fantastica. Quando sono riuscita a tornare ancora debole ormai era la fine di agosto, al termine della stagione. Ormai ero proiettata all’inizio del liceo e soprattutto alla ripresa delle lezioni di danza che quest’anno sarebbero diventate più frequenti perché all’ultimo anno. Il 13 settembre ho varcato la porta del liceo Zambler e ho conosciuto i miei nuovi compagni di avventura. Se non sbaglio eravamo in 31! E a pochi giorni dall’inizio la febbre è tornata ed è stata intermittente per un mesetto. Quando stavo meglio tornavo a danza e un giorno ho sentito che qualcosa non andava…