Lettere dal passato

Stamattina, e non so perché, ho riaperto la mia scatola dei ricordi dolorosi. Forse perché ogni tanto ho bisogno di ritrovare nella tristezza e nel dolore ciò che ho promesso tanti anni fa a chi purtroppo non c’è più: vivere anche per loro! La mia scatola è una semplice scatola di scarpe beige e forse, per il suo contenuto, dovrebbe essere una scatola più raffinata, colorata, dorata, preziosa perchè in sè racchiude un tesoro inestimabile: quello dell’amore, della speranza, dell’amicizia fra ragazzi che hanno avuto la fortuna di incontrarsi durante un percorso doloroso e che ha permesso loro di condividere un tratto di vita e ricevere l’uno dall’altro la positività e il sostegno reciproco nella drammaticità della loro malattia.

Le lettere ancora scritte a mano con data, corpo e saluti finali sono lontane anni luce dalle email veloci e dai messaggi whatsapp istantanei… la carta è impregnata dell’anima di chi le ha scritte, dei loro pensieri, delle loro lacrime, speranze e anche gioie nonostante fossero scambi epistolari fra ragazzi che si sono conosciuti fra le corsie del reparto di Fibrosi Cistica dell’ospedale Borgo Trento di Verona. Da allora sono passati più di trent’anni. Non ero ancora maggiorenne quando fui ricoverata lì per valutare se potessi essere affetta da FC. Nell’entrare in quel reparto fui catapultata nella sofferenza dei più piccoli e ciò mi sconvolse. Fino ad allora, ero stata ricoverata in reparti dove ero sempre stata la più piccola… lì invece i pazienti erano quasi tutti più giovani di me! La disperazione mia e dei miei genitori per il mio stato di salute, ci ha fatto sperare che avessi la FC… almeno avremmo scoperto il nome della malattia e avere una terapia adeguata per affrontarla. Ora dico, per fortuna, che non l’avevo ma ciò non consolava né noi né i medici che si erano presi a cuore la mia condizione. Non voglio qui parlare dei tentativi fatti dai dottori per aiutarmi perchè ciò che è stato più importante è il legame costruito con alcuni dei bambini e ragazzi che è durato purtroppo fino alla loro scomparsa.

Il più piccolo di loro, R.ino, aveva solo 11 anni, un bimbo minuto, secco come un ramoscello ma con un sorriso e una vitalità che mi ha letteralmente fatta innamorare di lui. R. era stato abbandonato perchè affetto da FC ed era stato accolto da una mamma che faceva parte di una comunità di donne che si prendevano cura di figli naturali e non. R. era amato e non si poteva fare a meno di amarlo. La mattina veniva di corsa in camera mia a salutarmi e mi balzava in braccio dicendomi:”Buongiorno Pamela, dolce come una mela!” e lì mi scioglievo per il suo affetto e il modo che aveva di sorridere. Era una forza e quando mi sentiva tossire, mi batteva la schiena con la mani a coppetta per drenare il catarro e mia mamma se ne stava lì incantata a guardarlo aiutarmi. Una mattina mi parlò della seduta che doveva fare per imparare a fare le terapie da solo e mi disse di andare con lui: in una stanza c’erano piccoli pazienti e medici che insegnavano loro come farsi le flebo, l’aerosol e le posizioni più corrette per cercare di eliminare il catarro quando si accumulava nei polmoni. I dottori insegnavano ai bambini ad essere autonomi nella gestione della propria condizione e mi accorsi di quanto io invece dipendessi dai miei genitori. Dopo una decina di giorni, arrivò il momento delle dimissioni di R. La sera prima era stato insieme a me fino a tardi dicendomi che non se ne sarebbe voluto andare. Quando è arrivata l’ambulanza a prenderlo ero in corridoio per un ultimo saluto. Lui in lacrime è corso verso di me, mi è saltato in collo ed io ho l’ho avvolto con le mie braccia e mi sono accorta della sua fragilità: sotto le mie dita sentivo solo le sue costole che si dilatavano mentre piangeva e diceva:”Non voglio andare via, voglio stare con te e venire a casa con te, ti voglio tanto bene Papela”. Non sono scoppiata in lacrime in quel momento perchè dovevo essere forte per entrambi e gli ho detto che non ci saremmo persi e doveva andare a casa con la sua mamma che gli voleva tanto bene. Ci saremmo scritti spesso e sarei andata a trovarlo se fossi capitata dalle sue zone. L’ho rimesso a terra e appena è sparito dietro l’angolo, mi sono rifugiata tra le braccia di mia mamma e mi sono lasciata andare a un pianto disperato insieme a lei. Con R. ci siamo scritti per un po’ fino a che purtroppo se ne è andato a dicembre del 1990. Il dolore provato ascoltando la voce di sua mamma al telefono è stato atroce e ho fatto fatica a riprendermi.

E. era una ragazzina poco più grande di me, biondina, esile e delicata che lavorava in una cartoleria, aveva un ragazzo e tanti sogni da realizzare. Passavamo i pomeriggi a farci compagnia chiacchierando del più e del meno e ascoltando musica. Un volta dimessa, abbiamo iniziato a scriverci e la sua carta da lettere era sempre diversa e molto colorata. Spesso le piaceva scrivere senza seguire un andamento regolare in orizzontale, ma si divertiva a scrivere in obliquo perchè diceva di annoiarsi nel modo tradizionale. Ci siamo più volte ripromesse di incontrarci ma non è stato possibile. Ho continuato poi per qualche anno a sentire la sua mamma dopo che E. se ne è andata… un’altra grossa perdita.

B. è stata la mia migliore amica di sempre. Anche lei era poco più grande di me. Fra noi è nata subito un’alchimia particolare e non stavamo mai lontane… ci trovavamo anche la notte e appena potevamo sgattaiolare via dalle rispettive stanze, ci rinchiudevamo in una delle camere a farci compagnia, anche insieme a E. e M. di cui parlerò in seguito. Betta fra tutti era la più saggia e per non farmi impensierire non mi ha mai detto di avere la FC… anche se io in cuor mio lo sapevo. Ci volevamo davvero un gran bene e sentivamo di essere come sorelle o più che sorelle. Una volta dimesse ci siamo scritte per anni e entrambe aspettavamo con ansia le lettere dell’altra che erano fiumi interminabili di racconti delle nostre vite, sia nel bene che nel male. Lei dava la forza a me e io cercavo di darla a lei. B. minimizzava sempre ciò che le accadeva e come si sentiva e non avevo minimamente pensato che anche lei se ne potesse andare… e invece fu così. Un giorno ricevetti, dopo strani mesi di silenzio, una lettera da suo fratello E. che mi diceva che non ce l’aveva fatta a scrivermi prima perchè il dolore era ancora troppo forte. Anche B. mi aveva lasciata e io non potevo sopportare l’idea di esserle sopravvissuta. Ero inconsolabile e solo il rapporto epistolare con E. mi ha dato la forza di andare avanti. Io e E. ci siamo conosciuti e ricordo con piacere la bella accoglienza che lui e la sua famiglia hanno avuto per me.

M. era un ragazzo alto ma esile a causa della FC. Aveva qualche anno più di me e una cesta di riccioli castano chiaro che scappavano da ogni parte. Anche con lui avevamo legato molto e non nascondo che fra noi ci fosse anche dell’attrazione. Lui però sapeva di non poter affrontare una storia a distanza e temeva di iniziare qualcosa che non avrebbe avuto un lieto fine. Stavamo ad ascoltare musica e a raccontarci delle nostre vite. Sapendo della mia passione per le canzoni di Elvis Prestley, prima della dimissione dell’ospedale, mi ha regalato il cofanetto con la raccolta delle più belle canzoni di Elvis in musicassetta che ancora ho a casa dei miei. Abbiamo continuato a sentirci per un po’ ma da un certo punto in poi ci siamo persi.

Tornare a pensare a loro mi fa ritrovare il coraggio di proseguire la mia seppur tormentata strada. Anni fa avevo promesso di trovare il coraggio di andare avanti a vivere anche per loro. Non sempre ho la forza e nemmeno il coraggio, ma proseguo la mia vita come posso. Ragazzi il vostro posto nel mio cuore ci sarà sempre perchè col vostro esempio sono anche diventata ciò che sono. Vi vorrò bene per sempre!

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Immunodepressi vs Covid-19

Non sono passati molti giorni da quando in classe, cercavo di rassicurare i ragazzi intimoriti dal Covid-19, che in quel momento non si trattava ancora di un’emergenza… Io che da anni considero ogni singolo batterio o virus una potenziale minaccia per la mia vita, cercavo, per le mie conoscenze di biologa che ha lavorato per anni in virologia, di tranquillizzare i loro animi persi in mille congetture e paure. Ma il mio pensiero era sempre lì… se le cose degenerassero? Poi ho avuto l’influenza e i miei pensieri sono andati subito a lui… e se fosse? Per fortuna i sintomi non erano quelli e dopo sei iniezioni di antibiotici e cortisone, sono stata meglio, anche supportata da un po’ di ossigenoterapia notturna a causa della tosse, che come sempre accade, restringe i miei bronchi già piuttosto compromessi. Però mi sentivo lo stesso un paziente Covid+, perchè molte delle persone che mi sono vicine mi hanno fatto capire di pensarlo… e non è stato per niente bello. Poi, mentre ero ancora alla mutua, arriva la sospensione delle lezioni, dapprima per una settimana e poi fino al 4 aprile… la cosa a questo punto si fa seria… ogni giorno la conta dei contagiati e dei decessi ti tiene impietrito davanti alla tv e dentro di te speri di essere spettatore di uno di quei film che adoravo guardare sulle epidemie… invece è la realtà… Da un giorno ad un altro sei privato della libertà di uscire, di stare accanto ai tuoi genitori che vivono nel comune accanto, solo un membro della famiglia si può muovere per andare a fare la spesa o recarsi in farmacia… La paura diventa la mia prima compagna: Vale continua a lavorare… ma non ho paura per questo, ho paura per il comportamento degli altri… perchè tutti i giorni assistiamo a fughe dalle zone rosse, a comportamenti non consoni a trasmettere il virus… e se arrivasse da me? Noi immunodepressi, così come molte persone con altre patologie, viviamo con angoscia questa situazione perchè siamo più fragili, più vulnerabili… sappiamo che potremmo morire con la polmonite… la nostra unica arma è rispettare le regole che ci vengono imposte stando rigorosamente a casa. Noi trapiantati possiamo dire di essere tra i fortunati che soffrono meno la reclusione, perchè abbiamo vissuto l’isolamento totale della camera sterile in aggiunta ai sei mesi di reclusione domiciliare successiva, durante la quale ci era consentito uscire solo per andare a fare terapie e controlli indossando la mascherina, unico ausilio che ci permetteva di proteggerci dal mondo esterno. Siamo però anche quelli che, in questo momento, si ritrovano ad avere paura ad uscire perchè per le altre persone sembra difficile mantenere le distanze e rispettare le indicazioni (anche se forse qualcuno sta facendo progressi in questi senso)… Lunedì mi sono dovuta recare all’ospedale per fare la terapia mensile con le Immunoglobuline e non è stato affatto facile, nonostante le rassicurazioni del personale infermieristico e medico. Sono salita in auto dopo due settimane di reclusione e vedere le strade vuote e tutti i negozi chiusi, mi ha catapultato di colpo nella realtà. Parcheggiata l’auto ho indossato la mascherina che avevano dato a Vale in ditta, quella col filtro, ed è stato come fare un salto nel mio passato, un salto doloroso… e col groppo alla gola, ho fatto una registrazione prima di scendere, per aiutare le persone a capire. Mi sono poi diretta all’ingresso dell’ospedale dove mi hanno misurato la temperatura, chiesto se avessi altri sintomi e fatto igienizzare le mani con il gel alcolico prima di farmi entrare. L’atmosfera era surreale: i corridoi vuoti riecheggiavano solo dei miei passi, fuori dagli ambulatori le sedie erano delimitate da fettuccine per non far sedere i pazienti vicini, il silenzio era assordante… ho incontrato solo un operatore con mascherina e guanti e un signore anziano che probabilmente aspettava una visita… ci siamo scambiati uno sguardo da sopra le mascherine… Fatta la scala di accesso al day hospital, sono stata subito accolta dalle splendide infermiere del reparto, anche loro dotate di mascherine… Mi hanno fatta accomodare su una poltrona in una stanza stranamente deserta che di solito accoglie un via vai di persone per terapie e medicazioni di vario tipo. A parte l’interazione per l’inserimento della cannula e il cambio delle boccette, sono rimasta sempre sola con il mio ipad per guardare le serie televisive che mi permettono di far trascorrere il tempo… la tensione però era palpabile nei brevi tratti di discorsi che riuscivo a percepire. Finalmente alle 12.30 l’ultima boccetta è finita e sono tornata a prendere l’auto e togliermi quella mascherina che è stata la mia unica protezione. Sono passata dalla farmacia per ritirare i miei farmaci e sono tornata a casa… il posto in questo momento più sicuro per me, ovviamente lasciando fuori il giaccone, gli abiti e le scarpe usati per non far entrare niente. Dopo poco ricevo la telefonata dall’ospedale Cisanello per il rinvio del controllo nefrologico del 23… meno male, almeno non mi dovrò recare a Pisa visto che le analisi sono buone!

Come passo il mio tempo a casa al tempo del Covid-19? La cosa bella è che sembra sempre di non averne a sufficienza per tutte le cose che ci sono da fare e stranamente arrivo a fine giornata più stremata di quando la mia vita era scandita in modo normale. Ora noi docenti lavoriamo da casa, con la didattica a distanza che ci mette a dura prova… nessuno è mai stato preparato per una tale evenienza e per fortuna la mia scuola è dotata di tutti quei supporti che ci permettono di seguire i ragazzi anche da casa… linee permettendo… ma purtroppo ci dobbiamo anche confrontare con le diverse disponibilità delle famiglie e questo ci rattrista… io come docente di sostegno mi sento ancora più impotente perchè posso stare accanto ai miei ragazzi attraverso skype o videochiamate con whatsapp per mantenere quel contatto che per loro è fondamentale… e ti ritrovi a commuoverti rivedendoli attraverso lo schermo e cerchi di dare il meglio di te per aiutarli con tutto ciò che ti puoi inventare… ed è dura sia mentalmente che emotivamente… e ti accorgi di quanto ti manca la scuola, quanto ti manca il rapporto umano con i ragazzi e i colleghi… E poi c’è tutta la gestione della didattica a distanza dei figli che porta via un’altra bella fetta delle tue forze quotidiane e bisogna combattere anche con la tecnologia che a volte va e altre va ma a singhiozzo… E poi tutti i lavori domestici che prima potevi delegare e che ora incombono di nuovo… Insomma… le giornate di 24 ore si accorciano e il tempo passa… e speriamo che passando ci consenta di poter tornare alla nostra normalità il prima possibile e indenni… Buona vita a tutti!

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Ricovero in corsia 19/12/2007

Tornare all’ospedale dopo soli 10 giorni di rientro a casa è stata una violenza ma anche un sollievo… Il vomito e la febbre hanno reso gli ultimi giorni impossibili da affrontare da soli. E così mi sono ritrovata a varcare per l’ennesima volta le porte del reparto di ematologia dove so che sarò accudita dai miei angeli custodi. Sono stata messa in una stanza con quattro letti e quindi non sarò sola e ciò mi dà un po’ di conforto. Non è la camera che avevo la prima volta che sono finita qui per l’insufficienza epatica… speriamo di avere una compagnia buona come ad agosto! Mamma mia… anche qui lo stesso regime della camera sterile! Non ci posso credere: doccia tutte le mattine, cambio indumenti sterili tutti i giorni (e meno male avevamo tenuto tutte le buste ancora sigillate del ricovero per il trapianto), raccolta urine e dosaggio pH con la cartina tornasole… Qualcosa di diverso che non mi aspettavo sono gli orari di visita: un’ora a pranzo e un’ora a cena, come in un ospedale normale. Quindi conforto limitato dei genitori e dei mariti! E appena entrata iniziano tutte le procedure di routine: salasso per esami, pesata che sarà quotidiana e su bilancia, perchè i letti stavolta sono normali, ECG di ingresso che per fortuna è risultato nella norma e conoscenza con le nuove inquiline che non direi essere molto espansive al primo impatto. E ciò un po’ mi mette di malumore perché ho bisogno di interagire, di parlare per poter passare il tempo che si dilaterà enormemente.

Il resto della giornata è stata parecchio noioso e ho scoperto che G., la più anziana fra noi, ha il monopolio assoluto sulla scelta dei programmi alla tv… della serie: tutti quelli che parlano di gossip o di coppie, insomma, tutto ciò che io non seguo e non vorrò mai seguire… I pasti? Tristissimi e seppur poveri di sostanza non sono riuscita a trattenerli… e in questo ho trovato una compagna che per la forte nausea si rifiuta di ingerire qualsiasi cosa provenga dalle cucine dell’ospedale e dice che preferisce morire di fame piuttosto che provarci… morire di fame piuttosto che di leucemia potrebbe essere una buona alternativa! Si vede che ha appena iniziato il suo percorso di sofferenza! E a nulla sono valse le mie parole… per ora rimane attaccata alle sue convinzioni. Sono arrivati i risultati degli esami: i bianchi sono ancora pochini, le piastrine pure ma c’è una sorpresa… ho la creatinina quasi a 4… un’insufficienza renale che andrà risolta… E così è comparsa la sacca per l’idratazione e ogni giorno mi somministreranno alte dosi di lasix! E dovrò quindi fare su e giù per il bagno… E con la debolezza che ho addosso non sarà una passeggiata! E per oggi è tutto! Sono sfinita… si prevede una serata all’insegna della noia… meglio riposare!

Rivarchiamo questa soglia!

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L’armadio di una donna gommosa

Tempo di cambio di stagione… tempo per decidere se far volare via qualche abito dimenticato nell’armadio… tempo di lasciar andare via indumenti verso i quali nutri sempre la speranza di poter reindossare… I miei cambi di stagione sono sempre molto sofferti: apro armadi, cassetti e scatole non solo pieni di abiti ma anche pieni di ricordi, speranze, sorrisi e lacrime. Quest’anno mi sono imposta di lasciare definitivamente alle spalle capi che purtroppo sarò conscia di non poter più indossare a causa del mio essere “gommosa”, così come mi ha definita il mio piccolo ometto che ha scelto probabilmente di compararmi a una caramella piuttosto che dirmi che sono grossa o cicciona… Io in realtà mi vedo come una fisarmonica un po’ scassata che non riesce più a tornare al suo stato di riposo e resta bloccata a metà… una condizione che pensavo reversibile ma che invece persiste per vari motivi… Il primo ad essere stato assalito è stato l’armadio, abitato spesso da Filippo che lo utilizza come rifugio e che si è trasformato in una cuccia pelosa! Ho iniziato a tirar fuori i pantaloni dalla parte inferiore e ho scoperto di avere una vera e propria boutique in casa: 25 paia di pantaloni di tutte le taglie possibili, dalla 42 alla 52, tutti rigorosamente come nuovi… perchè alla fine poi usi sempre quei due o tre e tutti gli altri rimangono nel dimenticatoio. Ovviamente non ho dovuto provare i più piccoli, verso i quali la speranza di tornare a indossare, è ormai tramontata…

Ho preso un grosso sacco e zac… li ho gettati ma con la sofferenza di chi ormai non ripone più la speranza di potervi rientrare… Poi sono passata a quelli più grandi… Alcuni mi hanno sorpresa, altri mi hanno delusa… e qualcuno ha raggiunto i piccoli nel sacco… A baluardo in difesa della speranza però, ho tenuto l’unico paio di pantaloni dal quale non sono riuscita a separarmi: i pantaloni bianchi che con orgoglio ero riuscita a indossare dopo il trapianto, quando ero tornata me stessa, quindi magra… Non ce l’ho fatta a lasciarli andare perchè resto ancora ancorata a quel periodo in cui avevo ritrovato me stessa e nel quale gli occhi di Vale mi avevano riguardata come quando ci eravamo conosciuti. Con questo cambio di stagione una parte di me, dei miei ricordi e delle mie speranze se ne sono andati e non senza dolore. Ora ho ritrovato nuovo spazio da poter riempire con pantaloni nuovi e spero di poter abitare il mio armadio anche con una nuova speranza: recuperare un po’ di fiducia e lavorare per migliorare la mia condizione di donna gommosa.

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Un fantasma allo specchio

Quando torni a casa dopo trentacinque giorni di ospedale, trovi tutto cambiato, come se non fossi mai vissuta in un posto che non riconosci più come familiare. Sei così stranita e stanca che niente ti interessa tranne l’idea di essere tornata con Vale e con i genitori. I primi dieci giorni di casa non sono affatto un idillio… Senza forze devi riuscire a riappropriarti del tuo corpo che non risponde come dovrebbe e come vorresti. L’unica cosa che vuoi fare è stare stesa fra letto e divano e lasciar passare il tempo… ma non si può… la vita chiama e il suo richiamo è forte e assordante per non starlo a sentire! Alzarsi dal letto la mattina è faticoso e quindi devo aspettare che qualcuno mi aiuti: Vale, mamma, papà o Irene che a turno si avvicendano nella mia delicata gestione, sempre facendo attenzione a non essere raffreddati e disposti a lasciare le scarpe fuori per non portare possibili batteri in casa. Il papà è sempre stato allergico alle pattine all’ingresso ma, per amore mio, ha acconsentito anche a questo! Come caldamente suggerito dai medici alle dimissioni, il primo impegno gravoso appena alzata, è la doccia e il cambio quotidiano degli indumenti. Come far fare la doccia a una persona che non si regge in piedi? Semplice, prendere una sedia pieghevole, introdurla nella doccia e lavarsi da seduta anzi, farsi lavare da seduta! Dopo la doccia c’è il rituale dell’oliatura e alla fine ci si sente come una cotoletta pronta per essere impanata e fritta. Povera pelle e povera me: mi sembro un serpente che fa la muta, o un edificio che si crepa e perde l’intonaco a pezzi…

Poi alzi gli occhi e ti guardi allo specchio: quella non sono io, quella non sono io, quella lì è un fantasma… E’ uno scheletro ricoperto solo da un debole strato di pelle… dove è sparita la carne? Dove è sparita la Pamela cicciottella che tanto odiavo? Ora odio anche questa… L’unica cosa che è rimasta è la facies cushingoide, a luna piena… l’unico baluardo rimasto a ricordare il cortisone! Come farò a tornare a vivere in questo stato? Lo sguardo dolce di mia mamma e le sue parole mi hanno fatto rivedere la luce: “Amore, sei tornata la Pamy di quando facevi danza! Non sei così male!” e quelle parole mi hanno fatto tornare in mente che uno dei miei tanti desideri è sempre stato tornare ad essere la quattordicenne ballerina che avevo lasciato.

Dopo tutte queste manovre per iniziare la giornata e questo nuovo slancio di positività, uno penserebbe di essere pronto ad affrontare qualunque cosa e invece? Il niente. Ore passate sdraiata sul divano senza riuscire quasi a muovere più di dieci passi. E’ inverno e quindi le giornate sono fredde… Nemmeno il camino acceso riesce a scaldarmi nonostante indossi pigiama di pile, maglia di pile e vestaglia di pile! Forse il mio termostato biologico si è guastato? Forse assumere una ventina di pillole al giorno qualche effetto lo produrrà? E il cibo? Ora posso mangiare ciò che voglio!!! Devo mettere su un po’ di ciccia e forze per poter ricamminare… eppure… non riesco ad ingoiare niente… la nausea è più forte della mia voglia di mangiare! I medici contattati mi hanno detto che potrebbe essere GVHD allo stomaco, ovvero il mio nuovo midollo che cerca di distruggere il mio stomaco e allora giù di nuovo col cortisone nel tentativo di allontanare una biopsia che potrebbe essere pericolosa con le difese così basse. Cerco di mangiare ciò che più mi piace incitata ad ogni pasto da chi mi fa compagnia… e se riesco a mangiare qualcosa, subito dopo corro in bagno a vomitare… ci consoliamo pensando che almeno qualcosa possa rimanere… Quanto ho odiato quegli incoraggiamenti, quante lacrime ho versato mentre mangiavo… ma se non avessi avuto loro… E così, un po’ alla volta i giorni sono passati fino a che non sono dovuta rientrare in ospedale.

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Saturazione vs Satura! ???❤️

Ore 2.30 della notte: sono sveglia dopo cinque ore di sonno… non ho avuto la minima percezione che mi sarei addormentata così presto rispetto ai miei standards. Purtroppo la carenza di ossigeno fa anche questo: necessità di mettere in quiescenza un corpo per diminuire il consumo del poco ossigeno che i miei globuli rossi non trovano! Eppure era sempre il solito e banale mal di gola, il solito e banale mal di gola che si trasforma in raffreddore, bronchite e broncostenosi… che parolone!!! Semplicemente non riesco a respirare normalmente! La prima sensazione che ti ritrovi a sentire è il famoso “peso al petto” seguito dal bisogno, a causa della tosse, di inspirare di più per poter respirare normale! Cerchi di inspirare ma qualcosa blocca l’ingresso dell’aria e allora provi di nuovo ma niente… inizi a utilizzare la respirazione diaframmatica ma tu hai bisogno di quell’aria che ti tiene in vita! Arriva l’ansia… goccioline per ridurre lo stato ansioso che peggiora il ritmo respiratorio. Eppure era un banale mal di gola… eppure un piccolissimo ma bastardo virus chissà perché riesce a mettere a ko una persona di 82 chili, non voluti, e a rendere la mia vita di tutti i giorni difficile! Ah già.. ma lui si replica velocemente e quindi in poche ore diventa titanico e come un cavallo di Troia fa uscire i suoi pargoletti a miliardi dalle tue cellule!!! Un esercito contro una… e contro una che tutte le volte che qualcuno si azzarda a dire:”Che vuoi che sia… è solo un raffreddore!” vorrebbe sperare di essere una persona normale che in una settimana  debella tutto e che ci spera, ma che intanto già avrà presente tutto l’iter di sofferenza e medicinali che dovrà assumere per continuare a respirare! Che banale respirare… eppure è l’unica cosa che davvero ci tiene in vita! Voi vi accorgete di respirare? Quanti respiri riuscite a fare in una giornata? Anche io non lo so ma mi accorgo di respirare ogni volta che salgo una scala (che ho detto? Qualche gradino…) ogni volta che mi affretto un pochino, ogni volta che parlo e mi devo interrompere per rifiatare!!! Meno male il mio dito non ha bisogno di respirare per scrivere! ??? Ora sono le 3.24 e mi tengono compagnia Sweet e Filippo che finalmente possono godere la possibilità di stare soli con me e da stanotte ho un nuovo amico o un amico ritrovato: messer l’ossigeno e il suo costante gorgogliare accanto a me per aiutarmi a far salire una saturazione a 90 che purtroppo avevo già avuto a aprile marzo e che non avrei mai pensato di dover affrontare all’inizio dell’autunno! Vale e il bimbo intanto dormono tranquilli… hanno la loro guardia del corpo che li veglia e li fa sentire sicuri! Eppure era solo un mal di gola! ❤️

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Nessuna paura d’Amare!!! ❤❤❤

La storia di Hazel e di Augustin nel film “Colpa delle stelle”  l’altra sera ha fatto riaffiorare pensieri e paure del mio passato, che credo siano molto comuni tra le persone che soffrono di malattie gravi e che ci mettono in difficoltà nei confronti dell’Amore! Tutti sogniamo il principe azzurro e la principessa fin da quando siamo piccoli… ma quanto è duro quando ci sono di mezzo i problemi di salute!! Come Hazel hai paura di essere giudicata per il tuo stato, di non essere adeguata e soprattutto temi di far del male alla persona che ti vorrebbe stare accanto! E hai paura di lasciarti andare se prima hai già sofferto per qualcuno che ti ha abbandonata perché stavi male e si vergognava di te! Ma il richiamo del cuore è magico… e nonostante la terribile paura di poterci ricascare e risoffrire… meglio cedere e provare!!! E se quell’Amore poi riesce a riempirti, a sostenerti, a farti rinascere e rimane con te nonostante tutto… Amare, ne vale sempre la pena!!! E tutte le volte che Vale mi stringe tra le sue braccia ricordo con un sorriso tutte le volte che ci dicevamo di non innamorarci… Poteva non durare, potrebbe non durare ma è ciò che mi fa sentire più viva ogni giorno!!! Grazie Bimbus!!! ❤❤❤

Love.

Love.

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Visita di controllo con emozione! ❤️❤️❤️

Stare ad aspettare il controllo davanti la porta d’accesso del reparto è sempre un misto di emozioni: l’ansia delle terapie endovenose per l’insufficienza epatica, il terrore della prima volta per il trapianto, le paure dei ricoveri successivi per altri problemi, la speranza di tutte le altre volte che tutto andasse bene! Inutile dire che non si riesce mai a vivere serenamente i controlli… Stavolta non ho aspettato a lungo… E infatti non c’era il mio dott. Quando ho visto chi c’era al suo posto mi sono accelerati i battiti del cuore! Il sorriso del dott mi ha fatto ricatapultare i ricordi al giugno di nove anni fa… E poi mi sono ripresa per fare la visita! Per fortuna tutto ok! Ora dovrò cercare di passare indenne il prossimo inverno. Il dott, ricapitolando i dati mi dice che essendo del ’73 ho… E io:”sono 43!!!” E accompagno gli anni con una smorfia come per dire che si cresce!!! E lui:”sii contenta di averli perché per quel che hai dovuto affrontare non era affatto scontato tu li potessi compiere.” E mi sono sentita una cretina… Spesso mi dimentico della fortuna di esserci ancora e allora torno a quel giorno in cui proprio lui mi prese da una parte e mi parlò per primo del trapianto e mi incitò a rischiare perché non avrei avuto un’altra opportunità… Grazie a lui, e non senza fatica e terrore, ebbi il coraggio di dire di sì nonostante l’elevato rischio correlato! E lui mi guarda e mi dice:” Lo sai come ti ricordo io e mi sembra di vederti anche ora? Quando venivi tre volte a settimana in day Hospital sostenuta dai tuoi a fare il Campath…!” Non ero di certo un bello spettacolo… Però mi ha fatto commuovere!!! Dopo averlo salutato sono andata a riprendere l’auto e il magone suscitato dai ricordi è prevalso… Sono fortunata ad avere trovato persone e medici come lui!!! Grazie per sempre di cuore!!! ❤️❤️❤️

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Vite per la vita!!! ❤️❤️❤️

L’emozione di ieri sera ancora non si spegne e credo rimarrà scolpita nel mio cuore a lungo! “Vite per la vita” è il libro in cui Massimo Pieraccini ha raccolto alcune delle missioni degli Angeli dei Trapianti del Nucleo Operativo di Protezione Civile di Firenze e ieri sera l’amica Paola Casani ha organizzato una splendida serata al bagno Firenze a Tonfano invitando tante persone speciali che hanno condiviso dei momenti unici: io, Laura Montesano e la famiglia speciale Polì con Emanuela Imprescia, Alessandro, fratello e marito! E poi c’erano loro: gli angeli del nucleo fra i quali Massimo, Patrizia, Gabor e altri che mi ha fatto piacere conoscere! Gabor mi ha fatto ridere quando si è riferito a Vale come:” ma questo è il famoso Bimbus”! ???. Mi sono commossa molto alla domanda di Massimo: a cosa avete pensato mentre aspettavate l’arrivo del midollo… L’emozione ha preso il sopravvento come non fossero passati già più di otto anni!! E ogni volta il magone riattanaglia cuore e stomaco sfociando dagli occhi!! Grazie a tutti!!

Le foto che ho deciso di inserire nell’articolo descrivono l’affetto e il legame che io e Laura abbiamo con Massimo, il custode delle nostre nuove vite!!! ❤️❤️❤️

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Per vedere la galleria di foto fatte dal mio Bimbus andate sulla mia pagina Facebook! ❤️

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Giorno 14esimo dalla rinascita: l’attecchimento!

Che giornata!!!! Devo scrivere, devo per forza scrivere, non riesco a dormire dall’adrenalina!!! Ci siamo!!!! Sorellina mia il tuo dono mi riporterà alla vita!!! Ho parlato tanto negli ultimi giorni con le tue cellule staminali per incitarle a trovare la giusta via verso la loro nuova casa e iniziare a ricostruire la mia nuova speranza!!! E mi sono state ad ascoltare!!! Ho pensato molto a ciò che il dottor Bernie Siegel ha scritto nel libro “Amore medicina e miracoli” che mi ha regalato il pino nel lontano 1990 di ritorno da un viaggio di lavoro e che è diventato la mia bibbia nella malattia. Nel capitolo 6 “Concentrare la mente sulla guarigione” vi è scritto, citando un altro medico:”la visualizzazione aumenta la quantità di cellule bianche circolanti nel sangue e i livelli di un ormone, timosin-Alfa-1, che stimola i linfociti T-helper che supportano i linfociti T. L’ormone inoltre contribuisce a determinare la sensazione di benessere, dimostrando che il sistema immunitario può influenzare direttamente lo stato d’animo, così come avviene il contrario”. In parole povere il nostro stato d’animo influenza il sistema immunitario e quindi essere positivi aiuta sempre! Quindi penso di aver aiutato le nuove inquiline a sentirsi a casa e a iniziare a riprodursi!

Stamattina aspettavo con ansia l’arrivo del dott… Come per voler accelerare il tempo, mi sono fatta la doccia prima del solito per farmi trovare pronta prima dell’arrivo di Leo… Fare tutto da sola sta diventando sempre più faticoso, la debolezza si sente… Tornata a letto ho guardato un po di tv e mi sono addormentata non ricordo per quanto! E finalmente ho sentito aprire la porta e con un balzo felino mi sono messa a sedere a gambe incrociate sul letto. Ho chiesto al dott se ci fossero novità e lui con un sorriso splendido mi ha detto:”Ci siamo, i valori si sono mossi, i tuoi bianchi sono 200 stamattina!”…. Sono esplosa di gioia e le lacrime hanno invaso i miei occhi!!!! E subito:”Dott allora posso andare a casa?” E lui:”Per mandarti a casa i bianchi devono essere per lo meno 500 e prima dobbiamo diminuire la terapia infusionale e passare a quella orale. Ci vorranno altri dieci giorni come minimo…”. E io:”Vabbe’, il più ormai è fatto!!!! E mi dica un po’… La nuova boccetta che ho visto appendere ieri pomeriggio… Altro che vitamine eh?!?!?” E lui:”non ti si può nascondere niente vero?”. E poi mi ha spiegato che prima di tornare a casa in regime di degenza protetta bisogna che alcuni sintomi post trapianto si risolvano o riducano. Si, perchè  non ho detto che in questi giorni il mio fisico si è trasformato e evidenzia gli effetti della chemio. Le mie gambe sono tutte arrossate e scure e piene di puntolini rossi pruriginosi che mi tormentano, la pelle ha iniziato a sgretolarsi facendomi assomigliare ad una vecchia mummia e i capezzoli sono diventati neri come il carbone… Ho perso di nuovo i minuscoli capelli che erano ricresciuti e la nausea diventa sempre più insopportabile. Per contrastare la degenerazione della pelle mi devo cospargere più volte al giorno con l’olio di mandorla di cui non sopporto l’odore… Potrei essere addirittura fritta in padella!!! Ma vabbe’, passerà anche questo! Ciò che più conta è che ricomincerò a vivere!!!!! E finalmente potrò avere quella vita che non ho mai avuto!!!! Viva la vita!!!!

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